di BERTOLT BRECHT
con CHIARA BENEDETTI, DENIS FONTANARI, RICCARDO BELLANDI, CHRISTIAN RENZICCHI, PAOLA MITRI, ANDREA PERGOLESI, GIULIANO COMIN
regia RICCARDO BELLANDI
elementi scenici e costumi FEDERICA RIGON e CHIARA BENEDETTI
musiche MATTIA BALBONI
Una fra le più importanti opere per capire a pieno la cultura del XX secolo. L’opera ripercorre tutta la vita del grande scienziato pisano, dall’invenzione del cannocchiale, alla scoperta dei satelliti di Giove, dal processo istituito dal Sant’Uffizio, fino al suo atto di abiura con gli ultimi anni della vecchiaia.
In dissonanza dalla figura di Galileo Galilei tramandataci dagli storici, qui lo studioso assume caratteri più umani, mettendone in evidenza paure, timori e incertezze, delineando un uomo logorato dalla voglia di combattere e cedere di fronte al potere.
Al di là delle faccende personali narrate nel dramma, Brecht focalizza la sua attenzione sul rapporto tra la ricerca scientifica e il potere, e, ampliando gli orizzonti, sul rapporto lacerante e tutt’oggi lacerato che si interpone fra la cultura nascente e la cultura del potere.
Ciò che fece la sfortuna di Galileo fu la sua mentalità diversa, basata sul metodo scientifico. Fu uno scontro tra due linguaggi diversi: da un lato l’empirismo di Galilei, lo studio del particolare fenomeno dal quale formulare una legge universale, pilastro fondamentale del metodo scientifico, dall’altro, quello convenzionale dell’epoca, basato sui dogmi della Chiesa.
L’ottusità dell’Inquisizione appare superiore alla cecità fisica dello scienziato pisano, il quale nonostante la sua fede negli uomini e nella loro ragione, sarà sconfitto dall’auctoritas della Chiesa e dalle teorie tolemaico-aristoteliche; condannato alla pena di morte nel 1633, che verrà poi tramutata in isolamento forzato grazie all’abiura delle sue tesi.